20 ottobre, 2014

L'incontro con un mito: John McEnroe

All'età di 12 anni avevo un mito: John McEnroe. Iniziavo a partecipare ai primi tornei di tennis e scalavo la classifica Fit (ero bravina). Al tempo, nonostante pesassi come una farfalla, mi ostinavo a giocare con la stessa racchetta di Supermac: una Max 200 G, pesantissima per il braccino di una ragazzina sottopeso.

McEnroe era il mio eroe. Sono cresciuta agonisticamente guardando i suoi match in tv (imitavo il suo movimento della battuta), e non posso dimenticare il divertimento di vederlo in campo con i ricci e quella fascia colorata un po' ridicola. Impossibile non ricordare poi i sorrisi che mi ha strappato quando da giovane top player ripeteva "shit" e litigava con arbitri e guardalinee.

Dal vivo ho visto giocare John soltanto una volta, nel 1987. In una delle poche occasioni in cui si è presentato al Foro Italico. Non amava la terra rossa. Non è mai stato competitivo su terreni lenti, per cui snobbava l'appuntamento italiano. Ma quell'anno sbarcava nella Capitale. Al torneo Atp di Roma del 1987 Mac si era iscritto alla gara di doppio con Paolo Canè. La coppia McEnroe-Canè non passava inosservata. Ad ogni punto Paolino sbraitava e insultava tutti e a John toccava il compito inusuale di "paciere". Quante risate! 

Dopo aver rivisto McEnroe qualche anno fa a Wimbledon (da lontano), presente al torneo londinese in veste di commentatore tv, ho avuto l'occasione di stringergli la mano proprio la settimana scorsa. L'immagine (con Goran Ivanisevic) testimonia l'incontro. Che emozione avvicinarlo e guardarlo in faccia da pochi centimetri! Con la stretta di mano, John non mi ha dato molta retta. Ha abbozzato un sorriso e non ha risposto al mio "Nice to meet you". Ma la stretta è stata forte. Purtroppo, Mac, oltre a porgermi la mano, non ha voluto fare una foto con me. Eppure, ho insistito parecchio. Niente. Mi devo accontentare del saluto. Il selfie è rimandato alla prossima occasione.

  

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