23 ottobre, 2007

Mi ha fregata, mannaggia!


Per caso ho trovato il suo nome sul programma del meeting e mi si è acceso l'entusiasmo. "Che bello! - ho pensato - Finalmente lo rivedrò. Il mio honey". L'ultimo incontro risale al settembre dello scorso anno, più di 12 mesi lontani e senza comunicare.

Mi sono svegliata presto e ho perso tempo nella scelta del vestito giusto. Alla fine ha prevalso la bellezza: gonna e giacca. Praticamente, con la temperatura invernale di oggi, mi sono congelata. Ma lui non c'era, ha rinunciato senza avvisare per tempo. Risultato: ho preso un raffreddore per nulla.

20 ottobre, 2007

La citazione

Sul Magazine del Corsera
Doris Lessing: la donna è Nobel, qual piuma al vento
Chapeau

Che palle!


Se a una ragazza con questa mise bianca gli si dice: "Che palle!", lei si offende? Sul serio?

18 ottobre, 2007

L'amore secondo Vinicius de Moraes


Vinicus de Moraes è conosciuto soprattutto come l'autore della canzone "Garrota de Ipanema" (ragazza di Ipanema), un classico della musica brasiliana. Ma in pochi sanno che de Moraes, scomparso nel 1979, ha scritto anche delle bellissime poesie. A tradurle in italiano ci ha pensato addirittura Giuseppe Ungaretti che lo ha conosciuto nel '37 durante un viaggio in Brasile. Tra le liriche del poeta, quasi tutte sull'amore, ce ne sono due che per me sono molto speciali, perché mentre le leggo in silenzio, o le recito a memoria, le sento vibrare nella pancia.

Eccone una (Estoril, ottobre 1939)

Sonetto della fedeltà

Prima di tutto, al mio amore sarò attento
e con tanto zelo, e sempre, e tanto
che pur di fronte al maggior incanto
di esso sia più ebbro il mio pensiero.

Voglio viverlo in ogni vano momento

e in sua lode spargerò il mio canto
e riderò il mio riso e verserò il mio pianto
al suo dolore o alla sua allegria.

E così, quando più tardi mi cercherà

forse la morte, angoscia di chi vive
forse la solitudine, fine di chi ama

io passa dire dell’amore (che ho avuto):

che non è immortale, dato che è fiamma
ma che è infinito fino a quando dura.

....Il rimescolio nello stomaco, lo sentite anche voi?

17 ottobre, 2007

Mannaggia al calcio

La prima volta che ho incrociato il suo sguardo ero impicciata: un sacco di lavoro da fare e poco tempo per farlo. Il solito tran tran ma con l’angoscia e il pressing dei colleghi. “Su muoviti. E’ pronto? Ci vuole molto?”. Non gli ho dato retta. A mala pena l’ho salutato: “Ciao” e un cenno con la testa. Ancora mi domando se lo ha sentito. Forse no, ma ha risposto con un sorriso, in ogni caso ha capito. Lui è un vip, nella fattispecie il classico uomo di mezza età: belloccio dalla chioma folta, intelligente e carismatico. Ha creato la sua fortuna grazie a un acume spiccato, condito da un buon senso critico e una verve ironica invidiabile. Insomma, uno dei pochi che è emerso per meriti. Quel giorno non sono riuscita ad avvicinarlo per scambiare una parola. Tanto ci saremmo rivisti, ancora lì in ufficio, anche se preferivo presentarmi subito in modo che si ricordasse di me. Peccato, carpe diem sfuggito.
L’ho rincontrato per caso qualche sera fa. Mi trovavo in compagnia di Alberto, intenta a parlare dei vecchi tempi, che il belloccio famoso mi spunta alle spalle. Lui e Alberto si conoscono e attaccano a parlare di calcio: “Secondo te il Milan… la sceneggiata di Dida…”. Mi sorbisco queste lunghe chiacchiere: “Hai sentito cosa ha detto Galliani? … ne hanno già fatto una barzelletta… non è una bella figura…” I minuti passano, Alberto non mi degna di uno sguardo e mi domando: “Ma guarda questo che ci ha disturbati!”. Dopo i ricchi commenti (o pettegolezzi) calcistici finalmente si presenta, mi stringe (troppo) la mano, tenta un complimento senza convinzione e sparisce velocemente, così come è arrivato. La conversazione sul Milan era necessaria? Mannaggia al calcio.

16 ottobre, 2007

Simone Cristicchi, “come Biagio Antonacci” ma senza simpatia


Vestito marrone a righe di ottima fattura (a mio giudizio, ma non sono un sarto), occhiali da sole graduati e vistosa custodia rigida per la chitarra. Ho incontrato Simone Cristicchi sul volo Roma-Milano. Impossibile non riconoscerlo con quella capigliatura a forma di aureola che gli avvolge la testa come un casco naturale.

Appena l’ho visto ho iniziato a canticchiare nella mente “studentessa universitaria triste e solitaria nella tua stanzetta umida… i soldi dell’affitto te li manda papà”. Questa canzone mi è sempre piaciuta, forse perché mi ci ritrovo. Anch’io ho studiato lontano da casa, anch’io grazie ai soldi di papà. Il piacere di incontrarlo si è dissolto in un batter d’occhio. Mi è bastato osservarlo: scontroso, antipatico. Aveva preso il mio posto sull'aereo e non ha digerito di dovermelo cedere. Cose da matti! Simone, Simone, su quel volo hai perso un’ammiratrice.